Dire, fare, baciare, lettera, testamento

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Uno dei giochi che si facevano nei cortili quando ero piccola era proprio questo. L’età dei partecipanti si aggirava dai 6 anni in su, il numero giocatori andava da un minimo di 4 e il bello era che non serviva null’altro, si poteva giocare ovunque.

Le regole e svolgimento del gioco erano basate sulla penitenza e un modo di pagare il pegno era quello di sottostare a delle penitenze che il malcapitato, suo malgrado, sceglieva. Si toccava le dita della mano di un compagno ad occhi chiusi , scegliendone uno: le cinque dita della mano corrispondevano, appunto, a dire, fare, baciare, lettera, testamento.

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Ma la cosa più bella di questo gioco era che apparteneva solo a noi bambine, eravamo soprattutto noi a promuoverlo, gestirlo, divulgarlo.
Una volta scelto il dito con la penitenza, i compagni decidevano la pena:

Dire: bisognava trovare qualcosa da dire, e vi assicuro che a 5 anni, neanche per una faccia di bronzo come me era facile.
Fare: bisognava fare qualche cosa, ad esempio i ompagni chiedevano di andare a suonare ai citofoni e scappare.
Baciare: questa era una delle penitenza più temute nelle elementari, perché le solite amichette terribili, obbligavano a baciare il bambino più antipatico, la cosa non migliorava nemmeno se la scelta era lasciata libera, baciando l’unico bambino per cui andava la pena andare a scuola, fatto salvo che il lui in questione avrebbe potuto tranquillamente rifiutarci, facendoci sentire ridicole.
Lettera: Qualche compagno, e in genere erano i più fetenti, scrivevano, con il dito, una lettera sulla schiena di chi pagava il pegno, e il malcapitato doveva decifrare il messaggio. Dopodiché, se si era fallita l’impresa, la lettera (cioè il penitente) veniva affrancata con una bella pacca sulla spalla e spedita con un calcio nel sedere!
Testamento: Generalmente era la penitenza più dolorosa, in quanto bisognava subire i dispetti dei compagni, e in genere erano botte (vabbè, si fa per dire), per ben dieci volte. Chi pagava il pegno doveva volgere la schiena ai compagni che nel frattempo decidevano dieci penitenze fisiche [calci, pugni, sberle, ma anche baci, carezze…]. Uno di loro chiedeva: «Quanti ne vuoi di questi?» ed il “penitente” rispondeva un numero da uno a dieci, senza sapere di cosa si trattasse.

Anche adesso forse si fa questo stupidissimo giochino, solo che il penitente, non sapendo di essere in penitenza, non ha modo di prepararsi e quelle che arrivano non sempre sono delle innocenti pacche sul sedere.

Stella, chiamandomi in causa in questo post, mi ha fatto venire in mente tutto questo. Che cosa fantastica la mente, vero?
E’ un meme spinosissimo. Spinoso perchè ultimamente sono davvero troppo dispersiva e mi riesce difficile selezionare solo 6 tra le decinaia di cose che faccio o che comunque ambisco a fare. Ci provo, senza la certezza di riuscirci, ma del resto, di ‘sti tempi, non si può essere più certi di nulla. Lì per lì, ammetto, mi sono pure bloccata, tanto il post di Stella era perfettamente calzante per il mio cuore.

Le 6 cose che amo dire o fare

1 – La cosa che in assoluto mi piace di più è la sensazione di libertà interiore. Spesso si associa la condizione di single proprio alla ricerca o conquista di questa fantomatica libertà. Bè secondo me non vale, perché la libertà non è sinonimo di solitudine o singletudine, la libertà è proprio una questione interiore. Ci sono persone che, pur non vivendo sotto qualche condizione di schiavitù, non la conosceranno mai, ce ne sono altre che, temendo di perderla, rinunciano ad essere genitori.

2 – Mi piace la mia irriverente franchezza, il poter dire quello che penso senza alcun filtro. Il poter pensare di essere svincolata da qualunque tipo di condizionamento. Intendiamoci, non sempre, anzi quasi mai, mi sento in un ruolo comodo, ma pago questa penitenza di buon grado, perché sono convinta che è l’unico modo per essere me stessa.

3 – Mi piace riuscire a trovare sempre il lato ironico delle situazioni. Come quando un motocarro, pattinando sull’asfalto bagnato andò a schiantarsi contro la mia bellissima macchinina posteggiata, la quale venne opportunamente multata per divieto di sosta dal vigile chiamato da me per stilare il rapporto per l’assicurazione.

4 – Mi piacciono spaventosamente la mia autonomia e la mia indipendenza, anche quando in realtà sono più una vetrina per gli altri che la realtà dei fatti. Bastare a se stessi, si riesce, è vero, ma a lungo andare potrebbe essere tutto fuorché un vantaggio.

5 – Mi piace la mia ingenuità, che è sintomo di candore infantile. Sono una predestinata alle fregature, perché ostinatamente riesco a trovare negli altri qualcosa di buono. Sospetto che la bontà sia la vera arma di distruzione di massa, visto che i più la rifiutano. Probabilmente è proprio questo essere ingenua che mi consente di stupirmi per ogni cosa e d’indignarmi verso le ingiustizie.

6 – Mi piace la mia imprevedibilità, che mi permette di cambiare i programmi in un istante, di scappare da obblighi ed impegni per rifugiarmi in riva al mare, magari con un libro. Che unita ad una buona dose d’incoscienza riesce a farmi vivere la vita come se fosse un’avventura sempre nuova.

Non saprei a chi passare questo meme, credo lo abbiate fatto tutti, ma nel caso mi picerebbe leggere le risposte di Enza, Geillis, Elisabetta, Moscerino, Monique, Miciapallina.

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